domenica 19 febbraio 2012

Il termine Shoah


Il termine Shoah ha il significato di catastrofe, 
desolazione, disastro; termini forti che però solo in minima parte riescono a fornire l’idea di quello che realmente è successo e che viene identificato come Olocausto. Queste identificazione rimane comunque impropria sotto l’aspetto letterale in quanto, quanto successo al popolo ebreo non può certo essere assimilato ad un qualche comportamento sacrificale; si è trattato, infatti, di un ignobile e pianificato sterminio di massa che nessuno potrà mai provare a giustificare. La verità è che tutto nasce dalla follia criminale di un uomo, Hitler, che è
riuscito a “contagiare” un’intera nazione e non solo. In una situazione storica come quella vissuta in Europa dagli Ebrei, non può certo affermarsi in tutta coscienza che non vi siano stati elementi premonitori di una degenerazione incontrollabile che ha portato, in breve volgere di tempo, dal ghetto alle camere a gas, né il popolo tedesco può dirsi sorpreso laddove è stato ad un tempo vittima e carnefice: le immense parate militari osannanti ad un nazismo imperante, le azioni belliche fulminee anche se non dichiarate, come accadde in Polonia, la costituzione di corpi speciali che rispondevano delle loro azioni esclusivamente al capo supremo, avrebbero potuto e dovuto essere un grande campanello d’allarme, se solo qualcuno avesse avuto interesse ad ascoltarlo. Chi non vuole vedere o sentire non può poi giustificarsi dicendo di non aver né visto, né sentito. A morire non furono solo gli Ebrei, ma anche zingari, omosessuali, testimoni di Geova, sovietici, polacchi e altre popolazioni slave. Iniziarono costringendoli a distinguersi dalla “razza pura”, facendogli indossare le famose stelle gialle cucite sul petto, li privarono del diritto a frequentare la scuola, gli proibirono di lavorare, di svolgere qualsivoglia attività. Una volta deportati e giunti alle loro baracche nei campi di sterminio, nelle quali le persone venivano ammassate come vere e proprie bestie, li tosavano, li privavano dei loro beni, gli tatuavano dei numeri sulle braccia con dei timbri a spilli; da quel momento in poi perdevano la loro identità: non erano piu persone, ma numeri, semplici numeri da eliminare in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo. Perdevano la propria dignità. Poi, venivano brutalmente uccisi.
Oggi la data del 27 gennaio serve a ricordare qualcosa che dovremmo tenere tutti i giorni in cuore e in mente. Serve da monito per evitare che ciò che è stato non si ripeta, come scriveva Primo Levi nella sua poesia “Se questo è un uomo”: “Ricordate che questo è stato, vi comando queste parole, stando in casa andando per via, coricandovi, alzandovi, scolpitele nel vostro cuore.” Tuttavia, purtroppo, al giorno d’oggi sono molto frequenti le belle parole e l’ipocrisia. Si comincia dalle piccole discriminazioni per la razza o l’orientamento sessuale nei confronti di zingari, rom, slavi, gay, fino ad arrivare a uno dei più grandi genocidi dopo i campi di sterminio. Questi ultimi vi erano ancora, ma non in Germania, non in Europa, bensì dall’altra parte del mare, appena venti anni fa. Migliaia di Musulmani erano uccisi dal governo serbo, le case venivano bruciate, giovani e bambini torturati, casi di cannibalismo. E il mondo taceva. Per mesi nessuno ha visto, nessuno ha sentito, nessuno è intervenuto. Questo ci fa capire che una delle forme di violenza piu diffuse e pericolose, oltre alla violenza verbale e fisica, è sicuramente il silenzio. Oggi, come venti anni fa. Non basta, purtroppo, ricordare che milioni di persone persero la vita durante la seconda guerra mondiale,e neanche che nel 1992 Srebrenica veniva occupata dai serbi che sterminarono l’intera popolazione musulmana. La violenza, il razzismo, in qualsiasi dorma essi si presentino, vanno annientati.
Come scriveva Sofocle, l’uomo è riuscito ad apprendere, le arti, le tecniche, è riuscito a vivere civilmente ed è qualcosa di stupendo; ma se l’uomo si differenzia veramente dagli animali per la ragione, perché ha permesso e permette tutto’oggi che avvengano episodi del genere?
Attuale è la frase di Francesco Guccini il quale, nella sua canzone Auschwitz, scrive “Come può un uomo uccidere un suo fratello?”. Il razzismo nei confronti degli ebrei nascondeva in realtà soprattutto motivazioni di natura economica. La Germania attraversava un periodo di grave crisi economica e Hitler indicò i cittadini di cultura e religione ebraica come i responsabili di questa crisi. Tuttavia Hitler era anche convinto, e lo scriveva già nel 1919, che gli Ebrei fossero una razza inferiore, che stava contaminando la razza ariana (la razza nordica di cui i tedeschi, secondo lui, erano la migliore espressione). E oggi? Cosa spinge l’uomo a perpetrare dei veri e propri omicidi di massa? Sarebbe banale basarsi solamente sulla follia. Cosa porta gli uomini a credersi superiori ad altri? Questa è certamente una questione antica che probabilmente potrebbe essere dovuta ad una profonda insicurezza. Questioni di potere, di denaro. In un mondo nel quale la violenza è all’ordine del giorno si dovrebbe provvedere, se solo fosse possibile, a un mutamento e a una rieducazione radicale delle coscienze. Non si può che citare nuovamente Francesco Guccini: “Io mi chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare, e il vento si poserà”. Ricordare la Shoah, infatti, è soprattutto non dimenticare quanto successo e fare in modo che le generazioni a seguire non debbano piu vivere nemmeno la rappresentazione di quell’orrore che ha indignato il mondo e degradato l’uomo.

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